Perché celebrare i nostri morti proprio in queste giornate?
Perché sottostare a quello che è diventato semplicemente un business? Perché adeguarsi ad odiose convenzioni sociali?
Le persone care che non ci sono più sono con me in ogni momento.
Il cimitero è quell'enorme spazio vuoto che hanno lasciato dentro di me quando se ne sono andate.
In quel cimitero, lì dentro di me, io ci vado ogni giorno.
Oggi e domani (perché ricordatevene o voi che vi affannate a cercare un parcheggio, che vi litigate l'ultimo crisantemo e che se non lo trovate lo rubate al vicino, che il giorno dei morti sarebbe il 2 novembre e non il 1o) lascio agli altri il privilegio di correre presso una tomba tirata a lucido e portare un fiore grande, più grande possibile, in modo che il vicino veda, e dalla misura di quel fiore possa intuire quanto è il vostro amore verso chi non c'è più.
Io, la solita polemica, anticonvenzionale, quella sempre un po' fuori dal coro e sopra le righe, oggi celebrerò i vivi.
E chi saprà capirmi meglio di tutti sarà proprio colui che se ne è andato in questo giorno.
In cimitero ci andrò quando saranno andati tutti via.
Quando tutto quel tripudio di fiori sarà diventato un ammasso avvizzito e putrido, ci andrò, e non mi vedrà nessuno.