venerdì 26 giugno 2015

Vediamo un po' ...


Mi fa sorridere il fatto che tra le persone che mi seguono su Facebook ci sia chi mi trova triste e chi felice, chi sempre arrabbiata e chi sempre a divertirmi, chi polemica e chi ironica, chi zitella acida e chi innamorata. Direi che è la dimostrazione pratica del fatto che NOI VEDIAMO CIO' CHE VOGLIAMO VEDERE.
La nostra mente ha il potere di eliminare tutto ciò che non ci serve, allo scopo di arrivare alla conclusione che già ci eravamo prefissati.
Se ad esempio nella nostra testa ci fissiamo il fatto che una persona ci sembra poco intelligente, troveremo in ogni sua azione (o post su Facebook, visto che è da lì che è scaturito questo zanzapensiero) qualcosa che ce la faccia apparire effettivamente stupida.
A volte imboccando perfino la tortuosa strada della dietrologia spiccia.
Di certo nemmeno io sono immune da questo meccanismo perverso.
Si chiama pregiudizio. 
È facile autoproclamarci persone prive di pregiudizi solo perché non abbiamo nulla contro gli omosessuali, gli stranieri, gli appartenenti ad altre religioni.
Ma pensiamo bene a quante volte abbiamo associato il concetto di 'bella' a quello di 'oca', di 'nervoso' al fatto che 'non scopa' ... si potrebbe aggiungere: 'ha cambiato totalmente look probabilmente ha l'amante', 'va sempre in quel negozio gli piacerà la commessa', 'oggi è intrattabile, avrà le mestruazioni', 'sono sposati da 20 anni avranno una vita sessuale noiosa'.
Semplici, banalissimi, scontati pregiudizi.
Per dimostrare la loro veridicità tiriamo fuori dal mazzo un sacco di carte. 
E non ci preoccupiamo di quelle che dentro al mazzo ci restano.
Sono quelle che ci potrebbero rivelare il reale stato delle cose.
Se non riusciamo a guardare oltre, almeno guardiamo bene ciò che abbiamo davanti.

martedì 23 giugno 2015

Sempre d'Austria il soglio unito.....


Ieri sera ho preso parte, assieme al mio coro, ad una rappresentazione teatrale in ricordo dei giorni in cui è scoppiata la prima guerra mondiale.
È stato narrato tutto dal punto di vista degli uomini comuni e non dei generali o dei politici.
Sono state lette delle memorie di gente della zona in cui vivo, il che ha reso il tutto ancora più toccante.
Per chi mi legge da lontano, faccio presente che a poche centinaia di metri dalle nostre case abbiamo ancora chilometri di trincee, che poco distante si trova il famoso sacrario di Redipuglia eretto in memoria dei caduti proprio su una zona sulla quale di sangue ne è stato sparso tanto.
Tralascio ciò che è la storia scritta in quanto non ho titolo per riportarne i fatti.
Quello che molti non sanno, non ricordano, o non vogliono ricordare, è che 100 anni fa la gente di qui è partita per combattere DALLA PARTE DEGLI AUSTRIACI.
Noi eravamo Austria a tutti gli effetti.
Non ci sono state insurrezioni o diserzioni di massa da parte di chi viveva in provincia di Gorizia e di Trieste. Nessuno qui aveva interesse a staccarsi da quell'impero austro ungarico che da secoli garantiva un benessere e una qualità di vita che in Italia non sussistevano.
Per tutto il resto d'Italia eravamo visti come una popolazione strana, in pratica NOI eravamo il nemico.
E così cantando insieme al coro l'abbinata del vecchio Inno Austriaco con Fratelli d'Italia, pensavo che dopo 100 anni i triestini, fatta forse eccezione per i politici che per contratto devono recitare una parte, continuano a non sentirsi parte di quell'Italia che 100 anni fa ha imposto la sua presenza.
Da brava Triestina io ho sempre vissuto tra i ricordi di chi rimpiangeva l'Austria, ho respirato quell'aria mitteleuropea emanata da edifici strade e persone, che hanno fatto sì che ci sentissimo tutti più affini a Vienna piuttosto che a Roma.
Io non mi sono mai sentita italiana, così come sentivano di non esserlo i miei nonni. Non sono bastati 100 anni a cancellare una memoria così radicata.
L'identità nazionale non può venire imposta, ognuno appartiene al popolo che sente più vicino.

domenica 21 giugno 2015

Tu chiamale se vuoi


L'amore è un'emozione fortissima, capace in pochi secondi di farti volare alle stelle e di schiacciarti sotto terra per poi ricominciare daccapo senza darti la possibilità di scendere.
E poi ci sono le emozioni.
Quelle a cui non sai dare un senso, una forma o un nome.
Non ti portano in paradiso, non ti uccidono di dolore. Ti raccolgono nella loro calda mano e ti tengono a fluttuare beato nelle loro calde carezze.
....Nutrimento vitale per la mia anima.

giovedì 18 giugno 2015

Castelli di rabbia



Il senso di rabbia che non riusciamo a spegnere non è rivolto a chi ci ha fatto del male.
È rivolto verso noi stessi.
Perché non riusciamo a darci pace per aver permesso a qualcuno, con i suoi comportamenti, di farci del male.
E mentre secondo la teoria esposta 2 giorni fa, per concedere il perdono ad una persona basta riuscire a farla 'morire' dentro di noi, quando si tratta di noi la faccenda è più complessa.
Non possiamo auto-sopprimere il nostro io interiore, non possiamo dimenticarci di noi stessi, continuiamo ad amarci eppure siamo consci di aver ceduto ad una debolezza che ci ha procurato dolore.
Questa è la rabbia che sentiamo e che tormenta noi autocritici, noi che analizziamo, che sezioniamo il capello in 2, in 4 e poi in 8.
Chi non si mette mai in discussione, non muore di rabbia.
Per loro, beati, la colpa è sempre e solo degli altri.

martedì 16 giugno 2015

Io ti perdono


Qualche tempo fa, durante una delle nostre serate raminghe e chiacchierone, l'amico Paolo mi ha espresso il suo concetto di PERDONO.
Mi sono stupita di non esserci mai arrivata, dato che è un pensiero che condivido pienamente.
Quindi dopo questa notte da meteopatica insonne lo voglio condividere con voi.

Il tutto si può riassumere con queste parole: il perdono serve unicamente ad alleviare il senso di colpa di chi ha commesso il torto.

Questi, sempre ammesso che si sia mai ritrovato un peso sulla coscienza, potrà finalmente tirare un sospiro di sollievo e girare pagina, mentre chi l'ha subìto in realtà continuerà a soffrire per il male ricevuto, senza potersi nemmeno crogiolare in astrusi progetti di vendetta o in perversi malauguri.

Il perdono a mio parere non è umano bensì divino, sempre ammesso che ci sia una divinità e che questa sia veramente propensa al perdono piuttosto che al castigo... ma questa è un'altra storia.
Noi umani invece possiamo riuscire a perdonare soltanto quando il tempo ed il lavoro su noi stessi ci consentono, con un metaforico colpo di spugna, di cancellare dalla nostra sfera emotiva la persona che ci ha feriti.
Ciò significa che se il perdono sarà sinceramente e serenamente concesso, questo avverrà perché la persona responsabile del nostro disagio per noi non esisterà più.

Io mi rivedo in questo pensiero e lo faccio mio.
Magari sarà solo l'opinione di pochi, ma a questo punto è chiaro che prima di commettere un torto ad una persona a cui teniamo, è meglio pensarci bene e a lungo.

E aggiungo, come avvertimento per tutti, che sebbene ce ne voglia prima di farmi veramente arrabbiare, quando il danno è fatto, prima di cancellare una persona che mi ha fatto del male, io se posso MI VENDICO.
A freddo, naturalmente.

mercoledì 10 giugno 2015

Una gioia che fa male di più della malinconia

Ho scoperto che oggi ricorre il trentennale dall'uscita di questo album.
Non ho mai amato Baglioni, ma questa canzone la ricordo con affetto ed emozione, perché quella sensazione di 'la vita è adesso' la ricordo così bene...
Mancava poco più di un mese ai miei 18 anni, avevo davanti ancora un anno di scuola prima di decidere che cosa fare da grande.
Mi sentivo orgogliosa della mia promozione con una buona media ma alla scuola non ci pensavo proprio.
Erano giornate calde da trascorrere in allegra compagnia. La mattina a cavallo, il pomeriggio al mare, la sera in giro qua e là.
Vivevo il mio primo amore con l'intensità con cui solo a diciott'anni si può amare, "in una gioia che fa male di più della malinconia". Lui, il mio mondo, la mia metà, la mia felicità.
Oggi, ascoltando questa canzone, mi sono immaginata di indossare di nuovo quel corpo abbronzato e magrissimo e mi sono vista intenta a correre per fare mille cose, esattamente come adesso, ma tutte fantasticamente piacevoli.
Sono anni che non tornano più, e sono consapevole di aver avuto - a differenza di altri- la fortuna di poterli vivere serenamente.
Passano gli amici, il grande amore, la spensieratezza. Altri amori, amici e gioie ci riempiono la vita, ma noi non torniamo più quelli di allora.
Penso ai miei figli e spero che dentro di sé riescano a provare la stessa emozione che scalpitava nella mia vita di quasi diciottenne di allora. Non più in guerra con il mondo come un'adolescente, non ancora sicura e un forse po' cinica come un'adulta, ma innamorata di me e del mio mondo come solo a quell'età si riesce ad essere.
A voi, miei cari, anche se non mi leggete e se non mi ascoltate mai, vada la conclusione di questo brano
"E non lasciare andare un giorno
Per ritrovar te stesso
Figlio di un cielo così bello
Perché la vita è adesso"
Fatene tesoro, e godete ciò che state vivendo.



martedì 2 giugno 2015

Armadi di scheletri

Gli spazi vuoti nell'armadio, così come quelli della vita, vanno sempre riempiti.
La soluzione più semplice sarebbe farci entrare cose nuove.
Ma sulla base di quale criterio le potremmo scegliere in un momento in cui il vuoto ci attanaglia e magari ci angoscia? Finiremmo con il fare degli acquisti sbagliati di cui poi ci potremmo pentire.
È utile invece iniziare facendo spazio a ciò che già c'era, ma che eravamo costretti a tenere stretto stretto in un angolino finendo a volte per dimenticarcene.
Quando ciò che già avevamo avrà ricevuto lo spazio che meritava, aggiungiamoci qualche accessorio, quello sì nuovo nuovo, e godiamo a pieno di queste piccole novità.
Arriverà così, senza che ce ne accorgiamo, il momento in cui ancora qualcosa nel nostro armadio, o nella nostra vita, ci apparirà vecchio, stantio, inutile. Saranno gli abiti vecchi, fuori moda e fuori taglia, i ricordi dolorosi, i capi rovinati, i rancori inutili.
Buttiamo via tutto ciò che ci ispira questa sensazione ed allora sì che davanti a noi si aprirà un magico spazio per le cose nuove.
Quello sarà il momento.

Avere 50 anni significa innanzitutto che la patente ti scade ogni 6 anni e non più ogni 10.  Il che potrebbe essere interessante se ave...